Da mercoledì scorso anche l'Italia ha introdotto la “flat tax” o, per dirla letteralmente in soldoni, un'imposta forfettaria di centomila euro l'anno che ha l'obiettivo di attirare ricchi stranieri che, magari lasciando Londra per via di Brexit, decidano di trasferire la propria residenza in Italia.
Il beneficio, che può essere esteso anche ai familiari i quali pagheranno invece 25 mila euro l'anno, prevede che possano usufruirne coloro che non hanno avuto la residenza in Italia per almeno nove anni negli ultimi dieci, in modo da evitare i trasferimenti di comodo. Inoltre, la flat tax può essere applicata per un massimo di 15 anni e solo su redditi prodotti all'estero.
Se l'imposta così congegnata ha suscitato l'approvazione di Flavio Briatore, che da 35 anni risiede all'estero da Stati Uniti e Gran Bretagna, dall'altra c'è chi sostiene che potrebbe persino essere incostituzionale: in primo luogo perché violerebbe l'articolo 53 della Costituzione, quello che stabilisce che il sistema tributario deve avere criteri progressivi, e secondo il costituzionalista Vittorio Angiolini perché, stabilendo una soglia di imposta fissa, discriminerebbe i contribuenti meno ricchi. Insomma, la norma, voluta dal governo Renzi, è discutibile dal punto di vista legislativo, oltre al fatto che porta l'Italia a giocare al ribasso, “abbracciando” una pratica discutibile, già utilizzata da altri Paesi europei per contendersi i contribuenti più facoltosi.
Tanto per avere un'idea, altri Stati hanno questo tipo di imposizione, calcolata però in percentuale e non in valore assoluto: Estonia, Lettonia e Lituania hanno una flat tax pari rispettivamente al 24%, al 25% e al 33%, introdotta a metà anni '90. La Russia, invece, dal 2001 prevede un'aliquota pari al 13%, mentre la Slovacchia dal 2004 al 2013 ha avuto un'imposta di questo tipo pari al 19%.
L'obiettivo, in tutti questi casi, era introdurre un'imposizione semplificata che favorisse lo sviluppo economico. Insomma, un po' come privilegiare quantità invece che equità.
Bonus track
§ La storia di Harold Vilches, 23 anni, cileno, sembra uscita direttamente da un romanzo, ma si tratta invece di pura realtà. Che lo ha portato, giovanissimo, a diventare un contrabbandiere di oro, facendo uscire illegalmente dal suo Paese l'equivalente di 80 milioni di dollari del prezioso metallo.
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