Taxi, bus e affari militari

POPWEEK, l'economia di una settimana
04 Marzo 2017 - 08:16

Nel suo primo discorso al Congresso Donald Trump ha annunciato di voler incrementare il budget militare di 54 miliardi di dollari, a scapito di tagli equivalenti in altri settori, in particolare politiche ambientali, istruzione, ricerca scientifica e contrasto della povertà. Secondo il New York Times, la proposta rischia di essere bocciata dal Congresso, nonostante la maggioranza repubblicana, proprio perché potrebbe provocare un eccessivo squilibrio tra le voci di spesa, con pesanti conseguenze sull'attività di diverse aree dell'amministrazione federale.

 

L'obiettivo è rendere l'America più sicura, ha affermato il presidente, ma non è ancora chiaro come il Pentagono impiegherà i nuovi fondi che andranno ad aggiungersi ai 600 miliardi annuali già previsti in bilancio e che fanno sì che gli Usa da soli spendano più della somma dei primi sette Paesi al mondo che investono nel settore militare, compresi Cina e Russia. Secondo l'Economist, in realtà, la mossa di Trump è meno significativa di quanto appare ragionando in termini strettamente militari perché sarebbe comunque insufficiente a finanziare la corsa al riarmo nucleare. All'opposto, è molto più interessante ragionare sul fatto che è un chiaro segnale di abbandono del soft power – per esempio, attraverso il taglio degli aiuti a Paesi stranieri – che rischia di diminuire l'influenza americana e di avere, però, anche contraccolpi sulla stabilità geopolitica globale.

 

Di certo, gli Usa non sarebbero l'unico Paese che recentemente ha deciso di aumentare la spesa militare: Francia, Germania e Gran Bretagna hanno annunciato la stessa intenzione; i Paesi dell'Est -  Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Polonia e Romania – hanno già registrato un incremento del 13%, allarmati dalla crescente influenza della Russia. Quest'ultima, invece, ha assunto un profilo decisamente basso rispetto all'annuncio di Trump, limitandosi a osservare che “al momento si tratta di retorica pura”. Pechino invece potrebbe innervosirsi un po' di più e puntare ancora più carte sul rafforzamento della propria flotta navale, cominciato l'anno scorso, per far fronte all'imprevedibilità del nuovo inquilino della Casa Bianca.

 

C'è infine la questione dei conti che non tornano: secondo Quartz, infatti, non ci sono i margini perché l'aumento delle spese militari possa essere compensato da tagli lineari e dunque, per perseguire quella linea, Trump sarà costretto a far aumentare il debito pubblico.

 

 

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Guardando alle questioni di casa nostra, la settimana prossima il Senato discuterà in aula il disegno di legge sulla concorrenza che potrebbe contenere un emendamento al blocco dei servizi bus low cost. Non solo: sembra anche che la modifica osi un passo ulteriore anche sul fronte della trattativa con i tassisti facendo riferimento, scrive Repubblica, alla promozione della concorrenza citando esplicitamente le "nuove forme di mobilità che utilizzano piattaforme tecnologiche per l'interconnessione dei passeggeri", leggi Uber e altre app come MyTaxi (copyright Daimler) che consentono di prenotare un passaggio in auto, evitando le costose chiamate alle centrali delle auto bianche.

 

Se FlixBus – piattaforma online tedesca che si appoggia a servizi di trasporto di terzi per vendere corse a lungo raggio in bus -, quindi, vede uno spiraglio di luce, la trattativa con i taxisti non sarà altrettanto semplice. Dopo sei giorni consecutivi di sciopero contro la norma che mirava a regolamentare l'uso di app come Uber a fine febbraio, la prossima settimana è previsto un nuovo incontro tra i rappresentanti della categoria e i ministri dei Trasporti Graziano Delrio e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. In gioco c'è il riordino del settore trasporti, che il governo ha deciso di affidare a un decreto legislativo che dovrebbe essere varato entro luglio e che, teoricamente, potrebbe portare a maggiore concorrenza in un settore bloccato e quanto mai resistente ai cambiamenti. Resistenza che, guardando indietro, ha affondato le radici nel “laissez faire” delle amministrazioni comunali e del fisco che per anni hanno permesso il commercio delle licenze – di cui i veri titolari sono gli enti locali, mentre i tassisti sono di fatto dei concessionari – diventate un bene raro e costoso.

 

 

 

Bonus track

§ La parità di genere si può perseguire anche tramite il bilancio: oltre a formulare leggi per garantire la parità o la tutela contro le violenze, scrive l'Economist, alcuni Paesi come la Corea del Sud, l'India, il Rwanda e l'Austria hanno cominciato ad adottare il gender budgeting, vale a dire la costruzione del proprio bilancio annuale tenendo in considerazione il diverso impatto che una misura economica può avere sulla vita di uomini e donne.

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