Lo stato dell'economia
Il 20 gennaio è arrivato e con esso l'inizio del mandato di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti, con la cerimonia di insediamento che si è svolta venerdì a Washington. Un evento denso di significato politico ed economico, sia perché parliamo della seconda economia mondiale sia perché buona parte della squadra di governo è mutuata da Wall Street e dal mondo imprenditoriale.
All'ingresso alla Casa Bianca, scrive Bloomberg in una lunga analisi, Trump è il presidente che ha il minor consenso nei sondaggi dagli anni 30 – appena il 40% - e l'abitudine di usare Twitter per lanciare bordate contro i suoi avversari o presunti tali, facendone di fatto uno strumento politico.
Attraverso Twitter, per esempio, ha già “richiamato all'ordine” o si è complimentato con le industrie dell'auto: nell'ordine, a Ford, General Motors e Toyota ha riservato bastonate, mentre ha applaudito all'annuncio di investimenti di FCA. Per chi resta sul suolo americano, la promessa è di ottenere benefici fiscali e liberalizzazioni.
Così Trump si è subito definito come un alfiere del protezionismo spinto, pronto a opporsi alla globalizzazione che tutti ormai davamo come dato di fatto dell'economia mondiale ai giorni nostri.
I mercati, che tutti temevano subissero una pesante onda d'urto, non l'hanno presa poi così male, non in tutti i casi per lo meno: inizialmente, gli indici sono cresciuti allettati dalle promesse di tagli alle imposte, incremento della spesa pubblica e deregolamentazione – tutte politiche che avrebbero effetti positivi per le aziende. Secondo Christian Preussner, specialista del mercato Usa per J. P. Morgan, il panorama è comunque caratterizzato dall'incertezza perché tra il dire e il fare, c'è di mezzo il passaggio al Congresso, dove il percorso delle proposte del miliardario non sarà così scontato.
“L'America prima di tutto” è il suo motto, ma il Financial Times si chiede se, messo in pratica, questo motto non si trasformerà in “l'America sola”, data l'intenzione di Trump di stralciare il Nafta, l'accordo commerciale con Messico e Canada, e il Trattato Trans-Pacifico firmato invece con i Paesi che si affacciano sull'omonimo oceano. E poi, ancora, ci si chiede che cosa succederà con la Russia, con cui vuole riallacciare buoni rapporti, e che ne sarà dell'accordo sul clima, di quello sul nucleare con l'Iran e delle relazioni con la Cina, a cui Trump ha già fatto lo “sgarbo di una telefonata ufficiale con la presidente di Taiwan, “l'altra Cina” non riconosciuta da Pechino?
###
In questo contesto, non sorprende che a Davos, dove si è svolto il 47° Forum economico, il presidente cinese Xi Jinping abbia invece giocato il ruolo di difensore della globalizzazione. “Molti dei problemi di oggi non sono affatto causati dalla globalizzazione – ha detto – ed è vero che ha creato nuovi problemi, ma questa non è una giustificazione per cancellarla, quanto piuttosto per adattarla”. Secondo il leader di Pechino, “sono le regole del commercio a essere rimaste indietro”, riferendosi nello specifico alla guerra in corso con l'Organizzazione mondiale del commercio dalla quale la Cina vorrebbe essere riconosciuta come economia di mercato e poter così evitare i dazi da parte degli altri membri, che invece sostengono che l'economia cinese sia aiutata con fondi pubblici e manipolazioni ad arte del tasso di cambio.
###
Last but not least, lunedì è arrivata una lettera da Bruxelles e non contiene buone notizie per il governo italiano: entro il 1° febbraio occorrerà una manovra bis, di importo stimato sui 3,4 miliardi, mirata a contenere l'indebitamento. In caso contrario, la Commissione europea avvierà una procedura d'infrazione per indebitamento eccessivo.
Il lungo tira e molla dell'autunno, alla fine, specie dopo la vittoria del no al referendum costituzionale del 4 dicembre e la caduta dell'esecutivo di Matteo Renzi, non è bastato a evitare la stretta ai conti che l'Europa chiedeva per mantenere i nostri conti in linea con le regole fissate a livello continentale.
Oltre lo specchio
Greenpeace ha pubblicato un report, intitolato “Dirty bankers”, sui finanziamenti concessi dalla banca inglese HSBC ad aziende che operano nella produzione dell'olio di palma. Secondo l'associazione ambientalista sono sei le compagnie che avrebbero ricevuto somme per 16,3 miliardi di dollari nonostante l'istituto affermi di praticare prestiti con una politica di sostenibilità.
###
Una volta c'erano i treni a vapore, adesso in Olanda i treni vanno a… vento. Dall'inizio dell'anno, infatti, l'energia eolica alimenta il 100% dei treni: l'obiettivo di alimentare tutti i treni circolanti nel Paese solo con rinnovabili era fissato per il 2018, ma è stato raggiunto con un anno di anticipo.
Bonus track
§ Il vero inventore del McDonald in realtà si chiamava Ray Kroc ed era un rappresentante che, affascinato dalla rapida catena di montaggio per servire il cibo ideata dai due fratelli McDonald, si unì alla loro impresa, fino a scippargliela. In questi giorni al cinema, il film The Founder racconta la sua storia che, in combinazione con il periodo storico, regala una prospettiva interessante sulla parabola del self made man ricco di ambizione e privo di scrupoli.
Aggiungi un commento